Non sapevo cosa sarebbe accaduto quando ho puntato gli occhi su quella motocicletta dimenticata da decenni in fondo al garage, sepolta da mille cianfrusaglie.
Ho sempre saputo della sua esistenza, ma non me ne ero mai interessata: semplicemente c’era, era lì e non chiedeva niente a nessuno. Sapevo che l’aveva usata mio padre quando era giovane, l’aveva ereditata dal padre di sua cognata e l’aveva usata per conquistare mia madre. Raggiunto quel successo, la moto finì nell’angolo più buio del garage.
Mentre vagavo nel cercare la mia felicità tra borse, scarpe, soddisfazioni che durano nel migliore dei casi due stagioni, quel macigno di ferro vecchio ha cominciato a richiamare la mia attenzione.
Le donne capiscono il silenzio e vedono la luce nell’oscurità. Ho seguito il mio istinto e ho iniziato a chiedere informazioni a mio padre riguardo a modello, anno e stato della moto. Lui ha capito all’istante le mie intenzioni e ha tentato di dissuadermi dall’idea di rimetterla in strada, dicendo che non funzionava più: non l’aveva più usata perché il motore era bloccato. A sostegno della sua tesi: l’aveva lasciata alle intemperie per anni, era probabile che sarebbe costata una fortuna aggiustarla e che era troppo vecchia, scomoda da guidare e poco sicura in strada.
Si sa, quando una donna si mette in testa una cosa non c’è nulla e nessuno che possa scoraggiarla. Ho insistito con pazienza, ma non ho ottenuto la sua collaborazione. Un giorno, mentre lui era in vacanza, presa da uno slancio d’intraprendenza, ho deciso di disseppellire la moto. Ho spostato tutti i cadaveri che la nascondevano e l’ho trascinata a forza sul cavalletto imbarcato, fino al portone del garage, per vederla sotto la luce del sole.
Sono rimasta di stucco. Era molto più grande di quanto immaginassi. Era pesante e difficile da manovrare. Rude e robusta. Ingrigita da una coperta di polvere. Mi sono innamorata all’istante.
Era il 21 settembre del 2013 quando ho guardato con attenzione quella che ho scoperto essere una Sertum 250 VL del 1950.
Ho cercato informazioni online: nulla, tranne un libro di Mario Colombo che ho subito ordinato. Mi sono recata all’Archivio Storico della Camera di Commercio, ho aperto un gruppo su Facebook per aggregare persone che conoscono il marchio. Un pezzo di storia italiana se ne stava andando nel dimenticatoio come la mia moto sepolta in garage.
Ho chiesto a mia zia Enza informazioni sul mezzo: mi ha detto che era di suo padre, Domenico Miccoli, milanese di origini pugliese. Domenico si era trasferito a Milano per cercare lavoro e si era sposato con una conterranea, Francesca. Amava tantissimo la sua moto, ne andava molto orgoglioso. Era il suo unico mezzo motorizzato. Negli anni Cinquanta le motociclette costavano quasi come le automobili e se Domenico decise di acquistare una due ruote anziché un’auto, si vede che era molto convinto della sua scelta. La usava come mezzo quotidiano e ci andava in vacanza, in giro per l’Italia, da Milano a Cortina d’Ampezzo e in Puglia, ad Andria, per visitare i parenti.
Pensando che questa foto fosse stata scattata di Andria, ho cercato tutte le chiese per capire il punto esatto dello scatto. Ho scoperto che si tratta dell’ingresso di Castel Del Monte. La foto sarà databile tra gli anni Cinquanta e Sessanta.
Negli anni Settanta Domenico decise di non lasciare la sua moto in eredità ai due figli maschi, perché Franco era troppo esuberante, si sarebbe messo in pericolo, mentre il fratello non era interessato ad averla. La moto è quindi finita al cognato e al rispettivo fratello, mio padre.
Mio padre usò la moto in collina nel Parmense. Negli anni Settanta era già una moto vecchia e quindi non si fece scrupoli ad ammodernarla a suo piacimento. La verniciò a pennello, prima tutta arancione, poi tutta nera.
I miei genitori passarono insieme probabilmente il periodo più bello della loro vita in sella a questa Sertum, quando erano giovani, innamorati e spensierati. Poi sono arrivati i figli, mio fratello e io. A quel punto la moto venne dimenticata in garage.
Io credo che gli oggetti portino dentro di sé un’energia, legata al loro passato e trasmessa da chi li ha utilizzati. Dopo oltre 40 anni, questa Sertum, carica dell’amore ricevuto da Domenico Miccoli e assorbito dal periodo di fidanzamento dei miei genitori, incontra me.
Io mi sento così fortunata: la amo in ogni suo piccolo difetto, mi sciolgo a guardarla, mi fa sorridere quando la penso. Se non è amore questo, di cosa si tratta?
Questa Sertum 250 VL funzionava e quindi funzionerà ancora, no? Inizia un viaggio. Ecco il giorno della rinascita.